All’interno del ventaglio delle strategie SEO rientra un elemento molto importante, ovvero la link popularity. Quest’ultima, nell’ottica del posizionamento di un sito sui motori di ricerca, svolge un ruolo essenziale.
Parliamo dei collegamenti ipertestuali che vengono inseriti all’interno del contenuto con il fine di aumentare la qualità e la completezza dell’argomento. In poche parole, stiamo parlando delle basi della linkbuilding.
Quest’ultima, se svolta nel modo corretto, aiuta a scalare le SERP in modo rapido ed efficiente. Tuttavia, è necessario che i link in questione apportino valore aggiunto al contenuto, altrimenti viene meno il senso del discorso.
Ma, cosa succede quando ci troviamo di fronte ad un link che per il nostro contenuto è importante e non abbiamo la sicurezza che il sito sia una fonte affidabile e sicura? Succede che entrano in gioco i link nofollow.
Cosa sono i link nofollow?
Per capire cosa sono i link nofollow è necessario parlare anche dei link dofollow. Questo, infatti, è l’unico modo chiaro per capire che i collegamenti ipertestuali non sono tutti uguali. Ciò che li differenzia è l’utilizzo dell’attributo “rel” che, per l’appunto, può essere dofollow o nofollow. Detto così può sembrare complesso, ma credimi, non lo è.
Link dofollow
I link dofollow sono quei collegamenti che vengono effettuati per dire a Google “Il link che trovi qui è autorevole e di qualità, seguilo!”, e per tanto, ai fini SEO parliamo di una tecnica molto importante.
Chiaramente, stiamo parlando di link che puntano ad altri siti, proprio come avviene per la link building o per i guest posts. Il link dofollow, agli occhi di Google, viene visto come un segnale molto positivo verso il sito web linkato, poiché parliamo di un collegamento di valore.
Link nofollow
Per capire cosa sono e perché sono nati i link nofollow, invece, dobbiamo fare qualche passo indietro. Per diverso tempo, l’algoritmo PageRank di Google stabiliva la popolarità e l’autorevolezza di un sito attraverso la quantità di backlink che miravano ad esso.
Di conseguenza, per “farsi notare da Google”, gli utenti avevano iniziato ad acquisire link di qualsiasi tipo, senza badare alla qualità e all’autorevolezza del sito linkato. In altre parole, il valore del sito veniva deliberatamente “manipolato”.
A fronte di ciò, i motori di ricerca avevano iniziato ad usare il rel=nofollow per prevenire lo spam derivante dai singoli contenuti. Successivamente, poi, questa tecnica si è estesa anche per i link a pagamento.
Per tanto, quando si inserisce un link nofollow all’interno del proprio contenuto, il link rimane visibile all’utente, ma non viene preso in considerazione da Google. Questo perché, chiaramente, siamo noi ad esplicitarlo al motore di ricerca.
In poche parole, il senso di fare linkbuilding, ad oggi, non è più quello di manipolare il valore del sito, ma di farlo crescere realmente attraverso link di qualità. Per tanto, come ho avuto modo di spiegare più volte all’interno delle mie guide, è meglio puntare su pochi link, ma buoni.
Quando utilizzare i link nofollow
Adesso che abbiamo capito che cosa sono i link nofollow possiamo passare allo step successivo, ovvero comprendere tutte le situazioni in cui tornano utili. La prima, come forse potrai immaginare, è quando il link in questione punta ad un sito che appartiene ad una nicchia diversa dalla nostra.
Quindi, se il tuo sito parla di elettronica, e ti ritrovi a dover citare un sito che parla di arredamento, è meglio che il collegamento ipertestuale non sia seguito da Google. Allo stesso tempo, il rel=nofollow deve assolutamente essere inserito quando non abbiamo la certezza che il sito che linkeremo è affidabile, credibile e sicuro.
L’inserimento di un link all’interno dei tuoi contenuti e la sua presa in considerazione da parte di Google devono essere un fattore positivo, non un rischio. Per tanto, se non hai questa garanzia, è meglio che il link non dia troppo nell’occhio.
Un’altra situazione in cui il ref=nofollow ti torna molto utile è quando il link in questione è di natura commerciale, perché Google potrebbe penalizzarti. Da ultimo, il nofollow dovrebbe essere utilizzato sui contenuti generati dagli utenti, come i commenti, per esempio.
Molto spesso, se non nella maggior parte dei casi, i commenti sono puro spam, creato con l’obiettivo di ottenere un link in ingresso. In questo caso potrai fare affidamento al rel=”ugc”, l’attributo che ti consente di contrassegnare i contenuti generati dagli utenti (User Generated Content).
Come rendere un link nofollow
A questo punto non ci resta che capire come rendere un link nofollow attraverso questo fatidico attributo “rel”. Bhe’, in realtà sarai felice di sapere che non c’è molto che tu debba fare, specie dopo gli ultimi aggiornamenti di WordPress.
Nel momento in cui inserisci un link su un anchor text, questo link sarà dofollow di default. Per tanto, se vuoi renderlo nofollow, dovrai ricordarti di spuntare la seconda voce indicata nella tabella quando viene inserito il link:
Volendo, e soprattutto nel caso in cui utilizzassi una versione non aggiornata del CMS, potrai indicare il nofollow manualmente, nel codice HTML. Come? Anche qui, niente di complesso. Cliccando sulla voce “Testo” che trovi in alto alla schermata, ti si aprirà il testo in HTML.
A questo punto non dovrai fare altro che inserire “rel=nofollow” all’interno del link, così che non venga preso in considerazione da Google:
<a href=”URL” rel=”nofollow”>ANCHOR TEXT</a>
Ora, tornando all’immagine che ti ho messo qui sopra, vorrei che tu leggessi la terza voce, quella relativa ai link sponsorizzati o pubblicitari. Anche in questo caso parliamo di link nofollow che vengono contrassegnati come link sponsorizzati.
Dunque, nel caso in cui il collegamento in questione fosse di natura commerciale o pubblicitaria, invece di spuntare la seconda voce potrai spuntare la terza.